sul web dal 20 marzo 2000 |
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Storia
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Costume tradizionale | Gruppi Folk | Vita nei Campi | l'aratro | il carro | La macchina per ferrare i buoi | La macina per il grano | il torchio (vinario) | Misure (liquidi e aridi) | Tipologia abitativa | Le Case | I Palazzotti | L'Arco e il Portale
Costumi di Serramanna In occasione delle manifestazioni civili, ultimamente si sono recuperati gli antichi costumi che si inquadrano nella tipologia etnografica dellarea campidanese.
Particolari
del costume maschile:
Gruppi Folk [torna al menù] A Serramanna coesistevano addirittura due Gruppi Folk “Is Paesanus” e “Città di Serramanna”, fino al 1986, anno che ha sancito lo scioglimento dei due gruppi che si erano formati intorno al 1975.
Nel 1999 viene
fondata la Compagnia “Su stentu”
ad opera di un gruppo di amici amanti del teatro e del folklore Sardo. Nei primi
due anni, si incontrano notevoli difficoltà dovute allo scarso interesse della
popolazione nel riscoprire tali tradizioni, che mancavano ormai da vent’anni.
La vita nei campi [torna al menù]
I
contadini andavano al lavoro all’alba, prima che il sole fosse sorto del
tutto. La prima operazione era tracciare i solchi, «su
srucu», lasciando tra
un solco e l’altro uno spazio di qualche metro detto «satua».
Il contadino seminava stando alla destra del solco ed era questa una attività per niente semplice: era quasi un arte in quanto occorreva
camminare in un certo modo per coordinare il movimento del braccio che doveva
prendere i chicchi da «sa spota» e spargerli con grande precisione e regolarità
in modo che tutti i chicchi germogliassero, in quanto non ci si poteva
permettere sprechi di nessun genere.
Fino
ai primi anni del '900, a Serramanna, c‘erano pochi ricchissimi proprietari
terrieri, che possedevano 100, 200 ettari di terra, quelli meno ricchi ne
avevano 100, 150, la maggioranza non aveva terra e dipendeva dai ricchi
proprietari. Naturalmente era un essere
dipendenti
diverso da quanto intendiamo noi oggi. L'aratro [torna al menù]
Era questo lo strumento fondamentale del contadino, quello con il quale tanto faticava. Fino a qualche decennio fa era costruito interamente in legno, tranne il vomere, la parte la parte che infilandosi sotto la terra la doveva smuovere, che era di ferro. Il contadino lo guidava e orientava dalla parte posteriore, mentre anteriormente veniva trainato dal cavallo o dal giogo dei buoi. Il contadino orientava l'aratro tenendo «sa manunza de sa steffa», intorno a cui erano fissati «is ordiagus», ossia le redini per guidare l’animale. La parte che si infilava nel terreno era costituita da due parti distinte: «s'antabi», piede in legno e «s'orbada», il vomere vero e proprio. Sempre in ferro era «su tascoi», la cavità con cui terminava il vomere e che serviva per evitare l’attrito tra questo e s’antabi, nonché per reggere «su nerbiu», che costituisce il fulcro dell’aratro e che terminava con «su temperadroxiu», che serviva a regolare la profondità del vomere. Da s’antabi partiva «sa canna de sa curi», tronco centrale che collegava l’aratro ai buoi. Il giogo vero e proprio era detto «su iabi», anch’esso era in legno ed aveva nella parte centrale il punto di attacco per sa curi, che veniva fissata tramite stringhe di cuoio chiamate «aionis»; Sempre in su iabi, lateralmente, in corrispondenza di ciascun bue, c’erano «is cravillas», ovvero chiodini in ferro a cui si legavano «is lorus» in cuoio che partivano dalle corna dei buoi. Durante il lavoro il contadino aveva in mano «sa petia spinada», un bastone in legno che ad una estremità aveva un pungiglione in ferro che serviva per stimolare gli animali e dall’altra una sorta di paletta con la quale ogni tanto puliva il vomere. L'aratro trainato dal giogo dei buoi Lo strumento di base per il lavoro nei campi era naturalmente l’aratro, che poteva essere trainato dal cavallo o dai buoi. Quando, è trainato da buoi, essi sono in coppia tenuti insieme da «su iabi» (il giogo) a cui era collegata «sa curi», la parte finale dell’aratro che passa tra i buoi e che è legata al giogo vero e proprio con corregge di cuoio dette «aionis». In su iabi c’erano «is cravillas», chiodini in ferro a cui venivano legate, sempre con strisce di cuoio, chiamate «is lorus», le corna dei buoi. «is guttaradas» erano collari di cuoio dai quali pendevano «is campaneddas» in bronzo, in caso di festività da is gutturadas pendevano anche fiocchetti decorativi, variamente colorati. Il contadino guidava i buoi attraverso funi dette «is ordiagus». L'aratro trainato dal cavallo Totalmente diverso l’attacco dell’aratro nel caso che a trainare fosse il cavallo: in questo caso da «sa curi» partiva una forcella che abbracciava il cavallo, che veniva fissata al sottopancia e nel collo dell’animale con cinghie di cuoio. Anche in questo caso il contadino guidava il cavallo con «is guidas», tirando le quali costringeva l’animale a cambiare direzione. Il carro con le ruote piene (a arrodasa preasa) [torna al menù]
Questo è il carro più antico, in quanto diffuso prima del 1910. Le ruote sono formate da tre assi in legno unite da «is traversas de ferru». Al centro la ruota è sostenuta da «sa crai de s'ascia» intorno a questa «sa bussala» per muovere la ruota. Le ruote sono circondate da «su lamoi», una striscia di ferro che serviva a limitare il consumo della ruota in legno. Il corpo del carro è formato da due assi in legno detta «sa scaba», che sostiene il fondo del carro; il corpo vero e proprio è formato da «is cubas» (assi disposte orizzontalmente). Dalla parte anteriore de sa scaba emerge «sa frocidda», a forma di fionda, che serviva a contenere un carico maggiore. Sa scaba terminava con «su iabi», il giogo a cui venivano fissati i buoi. Tutt’intorno al carro, «is ordiagus», le redini che dai buoi, passando attraverso «is occhiellus po is ordiagus», consentivano di impartire gli ordini agli animali. Questo carro aveva, nella parte posteriore, un ingegnoso meccanismo che gli consentiva, una volta fermo, di non muoversi più : è il sistema detto «sa meccanica», un asticella di legno con funzioni di freno a mano; nella parte anteriore de sa scaba pendeva «sa patenti», un sostegno per tenere il carro in equilibrio, quando era privo di buoi, e che durante il viaggio veniva tenuta sollevata da «su puntu de sa patenti». Il carro con la ruota a dieci raggi E’ il secondo carro che è nato (dopo quello a ruote piene) e la ruota ha dieci raggi. Le sponde sono costituite da «is cubas» e da «is fustis de anella» (tra la scaba e is cubas). Anche questo carro ha sa patenti per equilibrare il carro in sosta e da sa scaba pende «su ganciu» al quale viene appesa sa patenti quando il carro è in movimento. Nuovo è il modo di unire sa scaba a su iabi: infatti il cuoio e stato sostituito dal ferro: in ferro sono «is femmineddas» e «s’aioni» che tiene sa scaba alla fine della quale si trova «sa braba de s’aioni» che serve per fermare e per tirare. Al di fuori de is cubas, nella parte posteriore ci sono due assi di legno sulle quali quando il carro è pieno possono sedersi i passeggeri; la prima, quella vicino al corpo del carro, viene chiamata «punti e segus» la seconda «maistu e segus». La differenza sostanziale con il carro precedente è data dalla ruota che in questo caso è costituita da una parte centrale detta «su buttu», in legno da cui partono i raggi da «is aneddas de su buttu», a «sa crai» dalla forma triangolare e infine, per proteggere la ruota dall’usura «su lamoi» in ferro come nel carro precedente. Tra le due ruote s’ascia, diventata anch’essa in ferro e non più protetta da «sa cascia de s’ascia». Il carro con la ruota a dodici raggi Con
il tempo nacque l’esigenza di un carro più grande: la parte utile per il
trasporto prende in questo caso il nome di «sa
carruba», ed è composta da 19 pezzi: 5
«frociddas» davanti, così dette
perché terminano a forcella; 4 «frociddas»
dietro; 8
«fustis» centrali;
2 «fustis de anella» messi trasversalmente tra una
frocidda e i fustis; 2 «carena
de sa carruba» (assi orizzontali); Il carro da cavallo (su carratoi de su cuaddu)
Anche
questo carro ha grandi ruote con dodici raggi. Diversa rispetto ai precedenti,
la parte anteriore che consente l’attacco del cavallo, che può essere
singolo, ma anche una pariglia (una coppia) o una quadriglia (due coppie). Il
cavallo sta tra «is
tangas» e viene imbrigliato alla
«sangasua» attraverso
«is tirus» (catene in ferro che partono da
«sa gaffa de is tirus» che si trova nella
prima parte de «is
tangas»); is tangas
terminano con «sa gaffa
po arremucu», che
serve per portare 2 cavalli in avanti e uno al centro. Anche questo carro ha
«su ballanzinu» che equivale a sa patenti dei carri precedenti, con una novità:
ne possiede uno davanti e uno dietro. Il carro vero e proprio inizia con «sa
taula de ananti» sulla quale siede l’uomo che guida che in questo caso sta
a sinistra, mentre quando si guida, un carro a buoi si sta a destra:
non c’è una particolare ragione, diciamo che è una tradizione.
Sa
taula de ananti
è sostenuta da «su
puntu de ananti». «Su
cascioi» è completamente chiuso,
in quanto questo carro veniva usato per il trasporto dei cereali, legumi,
sabbia, ecc, ecc. Le tavole, «is
costanas», che costituiscono
su cascioi sono
tenute da stecche verticali dette «is
montantis», quattro a destra e quattro a
sinistra. Il carrozzino (su carrozzinu)
Diverso, rispetto ai precedenti, l’uso del carretto ora in esame. Era trainato da un cavallo e non era utilizzato nei lavori dei campi, ma come mezzo di trasporto per le passeggiate in paese o per brevi spostamenti. Era insomma l’automobile del tempo e con tutta probabilità solo delle classi sociali più abbienti. Il cavallo veniva fissato a «is stangas», il corpo del carro vero e proprio era composto da «sa cascia» all’interno della quale c’era un sedile dove prendevano posto i passeggeri che dovevano viaggiare in modo sufficientemente comodo potendosi appoggiare allo schienale, anch’esso imbottito come il sedile. Per riparare da inevitabili schizzi di terra e fango, le ruote a dodici raggi erano sovrastate da una larga striscia di legno che terminava in basso con una base in ferro sulla quale si poggiavano i piedi per salire. Dato il suo uso, questo carro è decisamente meno ingombrante e più leggero dei precedenti, poiché doveva rispondere più a esigenze di velocità che non di capacità di contenimento. Era il carro de is meris , i proprietari terrieri che lo usavano per andare a controllare i lavori nei campi, per le sagre e le feste. Erano un lusso anche perché , mentre per i carri da lavoro trinati dai buoi c’erano gli artigiani che li costruivano anche a Serramanna, questi calessi venivano ordinati ad artigiani di altre località. La macchina per ferrare i buoi [torna al menù] Strumento alquanto ingombrante utilizzato per mettere i ferri agli zoccoli del bue; lo possedevano tutti i fabbri ma anche i grandi proprietari terrieri che chiamavano, quando era necessario, su ferreri (il fabbro) a casa propria. Si trattava di un impalcatura che teneva e sollevava il bue durante la delicata operazione di ferratura, in quanto il bue non si poteva tener fermo con strumenti semplici come avveniva per il cavallo, al quale era sufficiente mettere una fune che passava tra il naso e le labbra legata a un bastoncino, girando il quale si stringeva il naso, e quindi si immobilizzava il cavallo. Nel caso del bue invece l’operazione era più complessa: l’animale veniva introdotto dentro la macchina e bloccato da due larghe strisce di cuoio che gli abbracciavano il tronco. Le due strisce erano collegate a «is cadenas» fissate a «su torniccheddu» che era un asse di legno che si faceva girare tirando «su balanchinu» il quale poggiava su due buchi: con una o più mosse la catena si avvolgeva intorno a su torniccheddu sollevando il bue, che così era immobilizzato. La macina per il grano [torna al menù]
Indispensabile strumento per macinare il grano, era presente in quasi tutte le case con il suo inseparabile collaboratore, l'asino. E’ composto sostanzialmente da quattro parti: 1) «su laccu» in pietra che raccoglie il grano macinato, dotato di una apertura, «su sportellu» che veniva aperto ogni qual volta era necessario svuotare su laccu dal grano ormai macinato; 2) «sa mola» collegata attraverso «su iabi de su burriccu» all’asino che aveva il compito di farla girare ininterrottamente; 3) «su coru de sa mola» che stava fermo dentro sa mola; 4) «su maiò», imbuto in legno attraverso il quale il grano veniva introdotto in sa mola. Il funzionamento era quindi semplice, il grano pressato tra su coru e sa mola veniva frantumato. Non e difficile ancora oggi vedere nei nostri giardini alcune parti di questo strumento adibite ad aiuole o fioriere. Torchio vinario (sa prenza) [torna al menù]
Nella nostra economia ha sempre avuto una grande importanza la coltura della vite. Coloro che avevano vaste vigne facevano il vino e lo vendevano al pubblico, ma quasi tutte le famiglie producevano in proprio il vino per il consumo personale. In moltissime case quindi, lo strumento necessario per spremere l’uva e ottenere il mosto era una presenza familiare, chiamato «sa prenza». Esso era costituito da «sa gabbia» nella quale venivano messi i grappoli e da sa prenza vera e propria che schiacciava l’uva, azionata da «sa via de sa prenza». Il liquido che veniva ottenuto si raccoglieva in «su bancu de sa prenza»e gocciolava in «sa cubidia» posta sotto sa prenza. Tutto era in legno tranne le viti che assemblavano le parti de sa gabbia. La grandezza poteva variare, a seconda delle esigenze: da 1,70 a 1,20 metri di altezza. Il mosto che si raccoglieva nella cubidia veniva via via travasato negli appositi contenitori.
Misure Aridi
Tipologia abitativa [torna al menù]
La pietra, il mattone
generalmente crudo, il legno sono i materiali costruttivi che l'ambiente della
zona forniva alla costruzione dell'habitat rurale di Serramanna e di tutta la
provincia di Cagliari.
Tipologia abitativa del Campidano di Cagliari. Le case [torna al menù]
I palazzotti [torna al menù] Al centro del paese si possono osservare alcuni palazzi di tipo residenziale appartenenti a privati o con funzioni pubbliche, di antica data; si tratta di costruzioni tradizionali, ma con dimensioni diverse rispetto alle "case di serie". Sono gli edifici «a palattu» , a due piani, spesso con balconi e decorazioni intorno alle finestre e ai cornicioni. Il modello è stato importato dalla città, secondo i gusti di fine '800, e poi adattato alle esigenze dei ricchi proprietari terrieri che li facevano costruire. Non di rado, infatti, anche in queste abitazioni si accede attraverso l'arco al cortile interno, dove in genere si ritrovano gli elementi tipici della casa campidanese come sa lolla e i magazzini. La costruzione è di solito in mattoni di fango, e la parte esterna risulta particolarmente curata: sempre intonacata, con le finestre che danno sulla strada principale decorate con fregi e stucchi e con balconi in farro battuto. Alcuni edifici appartenenti a questa categoria sono attualmente adibiti a locali pubblici, negozi, banche, biblioteche.
L'arco e il portale [torna al menù]
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Serramanna insolita Fatti, curiosità e ricerche, (ilmiolibro.it), 2010 di Paolo Casti EAN 2-1200055-54099 http://ilmiolibro.kataweb.it/schedalibro.asp?id=555409
Serramanna insolita Volume 2 Fatti, curiosità e ricerche, (ilmiolibro.it), 2010 di Paolo Casti EAN 2-1200059-23635 http://ilmiolibro.kataweb.it/schedalibro.asp?id=592363
Serramanna insolita DELUXE Fatti, curiosità e ricerche, (ilmiolibro.it), 2011 di Paolo Casti |
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